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Pecorino, non fa binomio con il formaggio, ma con il vino

Il vitigno aveva rischiato di scomparire dal Piceno, luogo ideale di crescita della vite di Pecorino. La denominazione è derivata forte appetibilità esercitata dall’uva sulle pecore al pascolo, come si può leggere in uno studio datato 1873. Apprezzato dagli ovini, quasi dimenticato dall’uomo il Pecorino di Offida aveva conosciuto l’oblio, ma negli ultimi anni ha visto crescere intorno l’interesse degli estimatori. Ha scalato rapidamente le classifiche dei migliori vini bianchi e recentemente s’è visto riconoscere la Denominazione d’origine controllata e garantita (Docg).
Tra operatori del settore della regione Marche c’è un cauto ottimismo. A trainare la crescita enologica, non è solo il terzo vino bianco più esportato al mondo, ma è la riscoperta di vitigni autoctoni. Dall’anteprima di un’indagine condotta da SymphonyIri group per Vinitaly infatti, a fronte di una diminuzione dei consumi sul mercato interno, il Pecorino di Offida guadagna la palma di “emergente”, con un tasso di crescita (+26,5 per cento, secondo solo al Pignoletto dell’Emilia, che fa registrare un +29,6 per cento..
Il vino ha modificato le produzioni dell’area del Piceno. L’interesse produttivo è ora focalizzato sui bianchi emergenti: Pecorino e Passerina. I vini vanno ad arricchire un panorama enologico che conta 15 Doc, 5 Docg (tra cui i Castelli di Jesi Verdicchio Riserva, il primo nome di vino comparso nella più antica etichetta italiana. La ricchezza enoica è tutta da scopire. La regione Marche ha pubblicato un vademecum realizzato dall’istituto Marchigiano di tutela vini che permette di conoscere le caratteristiche organolettiche e i profondi legami di ogni vino con il territorio d’origine.

Nicola Stievano

Nicola Stievano